Cinque allegri ragazzi morti
IL MUSICAL LO-FI
Episodio 1/L'alternativa + Episodio 2/La festa dei morti
Uno spettacolo di Eleonora Pippo
adattamento dell’omonimo romanzo a fumetti di Davide Toffolo
con Mimosa Campironi
Marco Imparato
Elisa Pavolini
Maria Roveran
Libero Stelluti
Matteo Vignati
Vedere un teatro pieno è una cosa che fa sempre piacere e il musical di Eleonora Pippo è riuscito in quest’ardua impresa. Fa ancora più piacere notare che nella sala del teatro Vascello non c’erano solo addetti ai lavori o attori, registi e autori più o meno lieti di assistere all’opera di un collega. No, il teatro era pieno di fanatici e neofiti di questo fenomeno chiamato Cinque allegri ragazzi morti.
La storia tratta dal fumetto di Davide Toffolo è piuttosto semplice: cinque liceali muoiono, ma continuano a vivere nel mondo come zombie, non proprio allegri, ma neppure depressi… una via di mezzo con i classici alti e bassi dell’adolescenza. Si dice che la morte cancelli ogni paura, ma non nel caso dei nostri cinque ragazzi. In loro restano vive, urgenti e ruggenti tutte le paure, le frenesie, le follie, i desideri e le bugie che rendono l’adolescenza il periodo peggiore quando lo si vive e il periodo migliore quando lo si ricorda.
Da adolescenti è il carattere dei discorsi che fanno, l’entusiasmo che questi ragazzi hanno in scena e sicuramente il tono delle canzoni che urlano sul palco, e di adolescenti ci si aspetterebbe fosse composto il pubblico di questo Rocky Horror in salsa Avril Lavigne, ma non è così.
La sala del Vascello è gremita da trenta-quarantenni che da adolescenti hanno iniziato a seguire i Tre allegri ragazzi morti le cui canzoni costituiscono la spina dorsale, se non proprio l’anima del musical.
Un’opera sgangherata, che non ha certo né i ritmi, le scenografie e le coreografie dei musical americani nè vuole mandare messaggi rivoluzionari: chi sono i veri morti, i veri diversi? Quelli cui batte il cuore ma sono senza amore o quelli che non hanno bisogno di un cuore per amare?
Un’opera onesta nel suo essere un inno all’adolescenza, l’adolescenza dei “diversi, ma non troppo”, di quelli che non si fermano alla superficie, ma vanno sottoterra come i morti.
Flaminia Chizzola
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